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mercoledì 13 luglio 2011

L'esposizione


L'esposizione è il concetto chiave per ottenere una fotografia corretta. Esistono tre fattori che regolano questo parametro, e sono il diaframma, il tempo e la sensibilità (ISO), pertanto in fotografia si parla di triangolo dell'esposizione, poiché al variare di uno dei tre cardini, anche gli altri si modificheranno di conseguenza. In effetti è impossibile parlare singolarmente di uno dei tre elementi, poiché sono strettamente collegati.





L'esposimetro

Esistono diversi tipi di esposimetri, ma in questo momento ci occuperemo di quello che si trova all'interno della nostra fotocamera. Quando guardiamo dentro il mirino della nostra reflex, in basso si trova la scala esposimetrica.

Un esempio di scala esposimetrica

Come vediamo in figura, è composta principalmente di due parti: la scala graduata e l'ago, quel rettangolino digitale che si sposta a seconda che la scena sia sotto o sovra esposta. Il nostro compito, per sommi capi, è fare in modo che l'ago si trovi al centro, mostrandoci quindi una scena mediamente esposta in modo corretto. 
Per regolare l'ago a tal modo, dovremo regolare, a seconda della necessità, tempo, diaframma o sensibilità.

Come funziona? L'esposimetro interno alle fotocamere misura la quantità di luce riflessa da un soggetto in relazione ad un parametro estremamente famoso in fotografia: il grigio medio. Nonostante il nostro mondo sia a colore, l'esposimetro è ancora uno strumento rudimentale e "legge" un mondo in bianco e nero. Del resto, un tempo le pellicole esistevano esclusivamente in bianco e nero. Si scelse di tarare l'esposimetro usando questa sfumatura di grigio (detto anche grigio 18%) perché molti colori presenti in natura riflettono la luce proprio come questo colore. Pertanto quando andremo ad inquadrare una scena, la risposta sarà data a seconda di questo fattore.

Esposizione corretta, foto sbagliata? Se è vero che possiamo affidarci al nostro esposimetro per la maggior parte delle situazioni, vi sono casi in cui è totalmente inutile. Un caso lampante è il controluce. Prendiamo un tramonto e scattiamo una foto al nostro soggetto. Il risultato sarà simile a questo:


L'esposimetro calcola la corretta esposizione per una vasta area del fotogramma, pertanto la persona (soggetto) nella foto, che occupa forse il 5% di tutto il fotogramma, non è stato preso in considerazione. Il risultato è una foto magnifica, ma del nostro soggetto non vediamo altro che una silhouette. 
Esistono funzioni avanzate (le vedremo prossimamente) che consentono di ridurre l'angolo di rilevamento della corretta esposizione, in modo tale da limitare il margine di errore. Di norma sono incluse nel manuale d'istruzioni della nostra reflex, sotto la voce "esposizione" o "esposimetro".

L'esposizione e l'istogramma

Dato per assodato che per ottenere una foto correttamente esposta bisogna usare nel modo corretto i tre parametri fondamentali (sensibilità del sensore, diaframma di lavoro e tempo di scatto), guardiamo ora un attimo oltre.
Una volta ottenuta la nostra fotografia, guardandola a display possiamo scoprire moltissime cose. Premendo sul pulsante "info", a lato della foto apparirà un istogramma come quello in figura.

Guardando attentamente, scopriamo che è diviso in cinque fasce verticali, che corrispondono (da sinistra a destra), le basse luci, le ombre, i valori medi, le luci, le alte luci. Nella foto in esempio, vediamo come tutto l'istogramma sia spostato verso destra, tendendo quindi ad una leggera sovraesposizione. Un errore? Niente affatto, in era digitale. Scopriamo il perché.

Tenersi a destra. Parlando di fotografia digitale e specialmente scattando una fotografia in formato RAW, è sempre meglio tendere ad una leggera sovraesposizione (circa 2/3 di stop). Infatti il sensore ha la capacità di immagazzinare una quantità di dati superiore a quella che il display mostra.
In post produzione, scoprirete che scurire una zona troppo chiara non comporta una perdita di qualità, mentre schiarire una zona troppo scura porta ad un deterioramento nelle ombre più chiuse e nei neri profondi.

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